L’industria italiana della canapa ha subito un altro colpo questa settimana: il Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) ha respinto un ricorso che dichiarava l’olio di CBD una sostanza stupefacente.
Questa decisione arriva solo pochi giorni dopo l’adozione d’urgenza dell’articolo 18 del disegno di legge italiano sulla sicurezza, che equipara i fiori di canapa alla Cannabis con un alto contenuto di THC, decimando così l’industria italiana della canapa.
L’unica misura di attenuazione dopo questo brutale giro di vite è stata la messa al bando degli oli di CBD ottenuti dai fiori, mentre quelli estratti da foglie o steli sono rimasti legali e possono essere venduti senza prescrizione medica.
Tuttavia, con quest’ultima inversione di tendenza da parte della Corte, che ha respinto per due volte questa argomentazione a causa della mancanza di prove scientifiche, la restrizione si applica ora a tutte le composizioni orali di CBD estratte dalla pianta di Cannabis, sia che l’estratto provenga dai fiori, dalle foglie o dagli steli, ma non al CBD sintetico.
Cronologia del divieto dell’olio di CBD
- 2020: Il decreto iniziale che classifica il CBD orale come stupefacente viene introdotto dall’allora Ministro della Salute Roberto Speranza. Tuttavia, viene immediatamente sospeso, in attesa del parere delle autorità scientifiche, del Consiglio Superiore di Sanità e dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), e non viene mai attuato
- Agosto 2023: con il nuovo governo guidato dal ministro Orazio Schillaci, il decreto del 2020 viene ripristinato senza ulteriori pareri degli organi sanitari competenti. Questa decisione ha dato immediatamente luogo a contestazioni legali
- Ottobre 2023: il TAR ha emesso una decisione che blocca l’applicazione del decreto, citando la mancanza di prove scientifiche a supporto e rafforzando la tesi che il CBD non è psicotropo
- 27 giugno 2024: il Ministero della Salute ha ripubblicato il decreto, ora supportato da nuovi pareri dell’ISS e del CSS, affermando che il CBD orale può presentare rischi per la salute, in particolare a causa della sua potenziale interazione con il THC.
- 11 settembre e 24 ottobre 2024: il TAR sospende nuovamente il decreto, citando una relazione scientifica del professor Costantino Ciallella, ex direttore di medicina legale dell’Università La Sapienza, che conclude che il CBD non causa dipendenza psicofisica e non ha effetti psicotropi
Rivoluzione del tribunale
Con una sentenza depositata il 16 aprile 2025, il TAR ha definitivamente respinto il ricorso presentato dalle associazioni di categoria Canapa Sativa Italia, Giantec S.r.l., Biochimica Galloppa S.r.l. e Orti Castello.
A seguito di questa decisione, l’Italia ha di fatto vietato la vendita di prodotti a base di CBD destinati a essere ingeriti come alimenti o integratori alimentari, limitandoli a farmaci soggetti a prescrizione medica, assestando un colpo mortale a un settore già in ginocchio.
Nel loro ricorso contro il decreto, emesso il 27 giugno 2024, le associazioni avevano sostenuto che questa classificazione era ingiustificata, dannosa per l’economia e priva di qualsiasi base scientifica.
Tuttavia, dopo aver respinto per due volte il progetto di legge, il tribunale si è schierato con il ministero, accettando l’applicazione del principio di precauzione, una dottrina giuridica europea che autorizza la regolamentazione preventiva in caso di incertezza scientifica sui potenziali rischi per la salute.
Il Ministero ha basato la sua decisione sulle valutazioni dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) e del Consiglio Superiore di Sanità (CSS), che hanno entrambi espresso preoccupazioni sulla sicurezza e sulla sorveglianza normativa dei prodotti a base di CBD derivati da estratti vegetali.
Tali preoccupazioni includevano il rischio di tossicità epatica, effetti collaterali psichiatrici, contaminazione da THC o cannabinoidi sintetici e discrepanze nell’etichettatura dei prodotti.
Il tribunale ha sottolineato che questa decisione non equivale a classificare il CBD puro come stupefacente e non riguarda i prodotti contenenti CBD sintetico.
“Dati i rischi incerti ma credibili per la salute pubblica, un intervento normativo preventivo è giustificato”, hanno scritto i giudici, citando il dovere del Dipartimento di proteggere i consumatori anche in assenza di un consenso scientifico definitivo.