L’Italia ha deciso di porre fine sia all’ipocrisia che circonda la vendita di fiori di canapa sia alle varie battaglie politiche e giudiziarie sull’argomento, e ha deciso di regolare la vendita di cannabis light tassandola ad un tasso di 4 centesimi al grammo e permettendo un livello massimo di 0,5% di THC nel prodotto finito.
Una tassa che legalizza de facto l’attività
Un emendamento alla legge finanziaria, proposto dalle senatrici Loredana De Petris e Paola Nugnes (LeU), Monica Cirinnà e Daniela Sbrollini (Pd), Francesco Mollame e Matteo Mantero (M5S), è stato approvato dal Senato italiano.
L’emendamento crea quindi un’accisa di 4 centesimi per grammo di cannabis light e permette un contenuto di THC dello 0,5% nei prodotti finiti. L’emendamento chiarisce che ora è possibile vendere canapa leggera sotto forma di fiori o resina, dato che la sua coltivazione è già consentita dal 2016.
Il testo prevede anche che dal 1 gennaio 2020 la biomassa di Cannabis sativa L. sarà soggetta a un’imposta di 12 euro a tonnellata per punto percentuale di cannabidiolo (CBD ) presente. La tassa sarà a carico del fabbricante di prodotti che possono essere importati da altri paesi dell’UE.
“Stiamo regolando un settore della produzione agricola caratterizzato da una mancanza di chiarezza dovuta a incertezze normative e giurisprudenziali”, spiega il senatore palermitano. “Con questo emendamento, firmato anche da altri colleghi del Movimento 5 Stelle, definiamo che se una pianta non contiene più dello 0,5% di THC, non può essere considerata uno stupefacente”.
Fine di un imbroglio legale
L’emendamento votato completa la Legge 242/2016, che non si riferiva specificamente alla vendita, e sulla quale si basava l’ultima sentenza della Corte di Cassazione, che non insisteva tanto sulla percentuale di THC dei prodotti ma sul loro “effetto stupefacente”.
Uno dei senatori che ha proposto l’emendamento, Matteo Mantero, ha commentato su Facebook: “Riguarda principalmente la biomassa, ma modifica la legge sulla canapa, permettendo la commercializzazione dei fiori e soprattutto modificando il testo unico per le droghe stabilendo una volta per tutte che meno dello 0,5% di THC della canapa non può essere considerato una sostanza”.
Il settore CBD in Italia conta circa 3000 aziende e 10000 impiegati. L’Italia era il secondo maggior produttore di canapa al mondo negli anni ’40, dietro l’URSS. La sua industria della canapa ha subito un forte declino con l’arrivo delle fibre sintetiche, ma la riscoperta delle virtù ecologiche ed industriali della canapa l’ha resa un settore in piena espansione. Fissando l’asticella allo 0,5% di THC e autorizzando de facto la vendita di fiori di canapa e la loro estrazione, con una tassazione ragionevole, l’Italia sta facendo una forte spinta nel mercato europeo.