Patria delle leggendarie palle del tempio e di altre delizie esotiche, il Nepal potrebbe presto ritrovare la strada della cannabis legale, mentre il pensiero è già emerso più volte negli ultimi due anni.
“Non è giustificabile che un Paese povero come il nostro debba trattare la cannabis come una droga”, ha dichiarato Birodh Khatiwada, ministro della Sanità del Nepal, all’Agence France-Presse il 29 aprile. “La nostra gente viene punita (…) e la nostra corruzione sta aumentando a causa del contrabbando perché stiamo seguendo le decisioni dei Paesi sviluppati che ora fanno quello che vogliono”
Gli attivisti locali sperano anche che venga resa disponibile la cannabis medica.
“È una medicina”, ha detto l’attivista per la cannabis Rajiv Kafle, che vive con l’HIV e usa la cannabis per motivi medici. L’HIV può portare alla sindrome da deperimento, una perdita di appetito, con la cannabis nota per far sentire la fame dopo il consumo.
“Tanti pazienti ne fanno uso, ma sono costretti a farlo illegalmente”, ha detto Rajiv Kafle, “Possono essere scoperti in qualsiasi momento”. L’11 ottobre, alcuni attivisti hanno presentato in parlamento una proposta di legge che mira a rilegalizzare la coltivazione, l’uso e l’esportazione della cannabis, mentre un numero sempre maggiore di Paesi ne consente l’uso medico e ricreativo.
Haschisch e Kathmandu
Negli anni ’60, ci sono molte storie di come gli hippy più ferventi si recassero a Kathmandu, in Nepal, per acquistare il miglior hashish del mondo, direttamente dai coltivatori per i più avventurosi, o nei negozi con licenza governativa. A causa delle crescenti pressioni da parte degli Stati Uniti e di altri Paesi, il Nepal ha chiuso i suoi negozi di hashish nel 1973.
Oggi l’applicazione del divieto non è uniforme: i turisti sono spesso risparmiati e le forze dell’ordine spesso chiudono un occhio durante le feste religiose, in cui la cannabis gioca un ruolo importante. L’uso di cannabis nei templi indù è quindi comune. Shiva, distruttore del male, è spesso raffigurato con in mano un chillum, un gesto ripetuto durante alcune cerimonie o durante la festa indù di Shivaratri.
In alcune regioni, tuttavia, le sanzioni sono severe. I trafficanti rischiano fino a dieci anni di carcere e le piante vengono regolarmente sequestrate e distrutte. Nel 2018 è stata effettuata anche un’incursione in un complesso di templi, durante la quale sono state arrestate 280 persone e accusate 115.
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